aspettativa downshifting

A VOLTE CAMBIARE SIGNIFICA FERMARSI UN PO’

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Vittoria fa la pediatra in un grande ospedale alle porte di Milano. Ama i bambini e alla soglia dei quarant’anni ne vorrebbe uno suo, ma quella che per una donna è un’esigenza naturale, per lei diventa un sogno sempre più difficile da avverare.

QUANDO LO STILE DI VITA OSTACOLA I DESIDERI

Vittoria infatti lavora tanto, troppo. Il suo reparto è sotto organico, i turni in ospedale sono massacranti e spesso le affidano quelli di notte. E’ stremata nel corpo e stanca nella mente. Quel lavoro che aveva scelto perché sentiva così vicino alle proprie inclinazioni si sta pian piano trasformando in una gabbia opprimente che le lascia sempre meno spazio per coltivare interessi personali e legami affettivi. E se il menage cui la costringe la vita professionale rende di per sé difficile incastrare gli incontri con il partner, ad aggravare la situazione, anche in relazione al desiderio di avere un figlio, si aggiunge la notizia del trasferimento all’estero del compagno.

Se avere un bambino dopo i quarant’anni ha delle complicazioni di carattere biologico, presupposto indispensabile alla procreazione resta pur sempre che ci si incontri, ci si auspica il più possibile, con colui che si è scelto come futuro papà dei propri figli. La tanto desiderata gravidanza tarda infatti ad arrivare e questo non fa che peggiorare lo stato di prostrazione di Vittoria. Il marito è lontano, i rapporti sociali sono ridotti ai minimi termini, è sempre più stanca e perde peso a vista d’occhio. In tale contesto è peraltro evidente che le sue condizioni non sono, a tutti i livelli, le più serene per accogliere una vita che inizia.

Vittoria sente che deve dare una svolta al suo stile di vita, ma non vuole lasciare la sua professione, che in fondo continua ad amare. Eppure i segnali che indicano che deve cambiare ritmo sono evidenti: è spesso inquieta e nervosa, ha le occhiaie sotto gli occhi e le guance sempre più scavate. Così decide di prendersi una pausa e l’unica modalità che in quel frangente riesce ad individuare è quella di prendersi un anno sabbatico ovvero chiedere un’aspettativa al lavoro e raggiungere il marito in Austria.

LA PAURA DEL CAMBIAMENTO ARRIVA DA DENTRO

Ma se dentro di sé sente che questa soluzione è al momento l’unica percorribile, quando è in ospedale la prospettiva cambia. Vittoria infatti teme l’impatto che la sua scelta potrebbe avere sull’attività dei colleghi e in particolare la preoccupa lo squilibrio che un’unità in meno potrebbe provocare in un contesto lavorativo con un organico già ridotto all’osso. Il senso del dovere la tormenta e quello di colpa ostacola il suo slancio verso il cambiamento. Inoltre, avvezza all’indipendenza economica, nutre delle inquietudini legate al fatto di restare per un anno senza percepire alcun reddito.

Il coraggio di svoltare le arriva da uno spiacevole episodio che si verifica sul lavoro. La notte di capodanno si ammala, una fastidiosa gastrointerite la costringe a letto e il giorno dopo non è in grado di recarsi in ospedale. Così è costretta a chiedere un cambio di turno, ma l’ amorevole collega che si rende disponibile a sostituirla le chiede in cambio di lavorare due week end al posto suo. Perché in un ambiente in cui i minuti liberi si misurano con il contagocce, una sostituzione il primo dell’anno vale a peso d’oro. La misura é colma. Vittoria realizza una volta di più che questa non è la vita che intende condurre, così decide di agire: al rientro dal lavoro fissa un colloquio col suo primario e finalmente chiede di essere messa in aspettativa.

Oggi Vittoria è consapevole che gli ostacoli che frapponeva al cambiamento arrivavano da paure interiori più che da  problemi oggettivi. Che il reparto fosse sotto organico, era senz’altro un fatto evidente, ma non era certo da attribuire ad una sua responsabilità. E anche gestire l’aspetto economico si rivela meno complicato del previsto: i risparmi che ha accumulato nel corso degli anni le danno una certa autonomia e comunque può contare sul sostegno, anche materiale, del marito.

FARE DOWNSHIFTING

Così Vittoria approfitta del periodo di aspettativa per cambiare passo e rallentare i propri tempi: recupera le numerose ore di sonno perduto, riprende a frequentare il corso di regia, ad uscire con gli amici, a visitare le mostre, e ad andare al cinema. Inoltre comincia anche a mangiare in modo più sano, e a fare sport e nel giro di pochi mesi realizza che ha ripreso peso e che le occhiaie sotto gli occhi sono sparite.

Ma soprattutto riprende in modo più sereno il progetto di avere un figlio. Intanto riesce a passare più tempo con il marito e questa è una condizione, nel suo caso non sufficiente, ma senz’altro indispensabile per raggiungere il suo scopo. E poi può finalmente dedicarsi a quelle cure ormonali, alle quali non aveva potuto sottoporsi perché i ritmi dell’ospedale non le lasciavano il tempo per farlo.

Vittoria, grazie alla pausa concessa dal periodo di aspettativa, è riuscita a far confluire tutte le sinergie necessarie al suo obiettivo: la presenza costante del compagno, le cure ginecologiche adeguate e il benessere fisico e mentale adatto per poter affrontare una gravidanza. Adesso serve ciò che è sempre imprescindibile per far funzionare qualunque progetto: un aiuto dalla fortuna .

E la sorte arriva in soccorso di Vittoria. Oggi infatti è mamma di un bimbo dolcissimo di nome Luca. E se è tornata a passare le notti in piedi per consolare un bambino urlante, ad avere le occhiaie sotto gli occhi, a vedere gli amici solo tra una poppata e un cambio di pannolino, sente che le sue giornate hanno un sapore diverso da prima. Perché sono addolcite da quella nuova e stravolgente esperienza che è la maternità.

A volte capita, quasi senza che ce ne accorgiamo, che la vita inizi a girare a ritmi vorticosi, che non solo non ci appartengono, ma che ci allontanano dalle mete che avevamo pensato per noi.

A volte, quando il nostro obiettivo ci è chiaro, ma ci sembra sempre più inavvicinabile, forse stiamo sbagliando la strada che abbiamo imboccato per raggiungerlo. Allora vale la pena valutare se ridisegnare la cifra stilistica del nostro andare e riorganizzare l’impalcatura del nostro percorso, provando semplicemente a rallentare, a scalare le marce o se necessario, come ha fatto Vittoria, a fermarsi per un po’.


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