campagna o città

CITTA’ O CAMPAGNA … QUESTO E’ IL DILEMMA

Sono nata in campagna e sulle colline dell’Oltrepo’ pavese ho vissuto i primi 6 anni della mia vita. Pertanto mi sento di dire, con cognizione di causa, che trascorrere l’infanzia tra i campi è un privilegio che ti porti appresso per tutta la vita, perché ti lascia addosso quel senso di libertà che solo il contatto con la natura è in grado di trasmettere.

Mi ricordo di mio nonno, contadino per vocazione, che mi portava nella sua vigna: le distese sconfinate dei campi di erba medica, l’estate, che in mezzo ai prati ti piomba addosso con un’esplosione di profumi e colori e le mani grinzose e la schiena curva di un vecchio uomo che amava la terra.

Ricordo i giorni della vendemmia e una bimba piccola piccola al cospetto di una cesta di vimini straripante di uva e orgoglio infantile, il mosto a fermentare nei tini della cantina e l’aspro odor dei vini di carducciana memoria.

Ricordo i giochi di noi bambini nella corte all’ombra nel portico, le ginocchia sbucciate dalle corse rovinose in bicicletta, le lucciole nei barattoli di vetro e le stelle, tutte quelle stelle, che io mica lo so se in città ce ne sono così tante.

Mi ricordo montagne verdi e le corse di una bambina … ehm forse mi sono fatta un po’ prendere la mano. Ma credo fortemente che trascorrere l’infanzia in campagna sia un regalo prezioso che la vita ha voluto farmi ai miei esordi nel mondo.

Poi però intorno ai sei anni i miei genitori hanno deciso per il mio trasferimento in città. Mi raccontano che mi stranivo quando trovavo la porta di casa sempre chiusa, che mi ribellavo a chi si ostinava ad accompagnarmi ovunque anche dal panettiere in fondo alla via, e che nelle mie fantasie di bambina avevo sovrapposto il rumore dei passi della vicina all’incedere terrificante di un mostro notturno.

In ogni caso la campagna ho continuato a frequentarla assiduamente. Così se durante la settimana trascorrevo in città le mie giornate, l’estate e i week end erano di esclusivo appannaggio della campagna.

E se per un bambino la vita nei campi offre infinite possibilità di svago, per un adolescente la gamma di opportunità comincia a restringersi.

Ho trascorso pomeriggi stanchi ad ascoltare canzoni sputate da un juke-box sgangherato nella fumosa saletta di un Bar Sport qualsiasi. Ho passato lunghe giornate estive sulle panchine dei giardini, senza riuscire a trovare niente di meglio da fare che coltivare le mie inquietudini adolescenziali. Forse ero una ragazzetta priva di fantasia, ma ricordo che un corso di nuoto o di disegno l’avrei frequentato volentieri, ma avrei seguito anche lezioni per imparare l’antica arte di toccarsi il naso con la lingua, pur di levarmi da quella noia mortale.

Forse ero di gusti difficili, ma per me, che non amavo i divertimenti convenzionali, che non sono mai stata una fan dello stunz stunz discotecaro, le alternative in campagna erano praticamente inesistenti. Soprattutto se messe a confronto col ventaglio ben più ampio di possibilità, che spaziavano dai cineforum ai corsi di teatro che avevano a disposizione le mie amiche di Milano, cittadine anche nel week end.

E allora mi chiedo se me la sentirei di far crescere i miei figli in un contesto a volte così povero di stimoli culturali perché so, dato che vi ho assistito personalmente, a quali derive, talvolta irreparabili, può condurre la noia in provincia. Mentre ho avuto modo di constatare che in città, la varietà dell’offerta, sia formativa che lavorativa, mette a disposizione maggiori possibilità per sperimentare attitudini, coltivare inclinazioni e per trovare la via per la propria realizzazione personale. A meno che ovviamente non si rincorra l’ambito e ormai logoro sogno di aprire un agriturismo tra i campi.

Eppure ci sono delle mattine che intrappolata nel traffico metropolitano, dopo aver fatto i salti mortali per accompagnare i bambini all’asilo in tempo utile per non farci sbattere la porta in faccia da una bidella incazzosa penso a come sarebbero meno frenetici i miei risvegli se vivessi in campagna. E guardando fuori dal finestrino il poetico orizzonte di tubi di scappamento penso a quelle foto di crinali soleggiati, panorami bucolici e caprette che ti fanno ciao, che le mie amiche campagnole senza alcuna indulgenza per noi, anime cittadine, postano sui social.

E allora, dato che la vita da pendolare non è nelle mie corde, mi chiedo quale sarebbe la scelta migliore da fare per i miei figli , pur sapendo che ogni scelta porta sempre una rinuncia con sè.

Per ora ho trovato una soluzione di compromesso che è in parte frutto della costrizione legata agli impegni lavorativi di noi genitori, del privilegio di avere ancora una casa in collina e dell’opportunità di trovare una collocazione ai bambini per il periodo delle vacanze.

La mia tattica è quella di applicare alla gestione annuale dei miei giovani virgulti l’arcaica pratica della transumanza. Così, se da settembre a maggio i bambini sverneranno in una città progredita e aperta al nuovo, terminata la stagione fredda, torneranno a pascolare in collina, in mezzo alla natura, ai suoi colori e ai suoi silenzi.

A scanso di equivoci ci tengo a precisare che la trasmigrazione non avviene percorrendo le vie naturali dei trutturi, ma tramite un comodo viaggio su un’auto dotata di un moderno sistema di climatizzazione.

 

 

 


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2 risposte a “CITTA’ O CAMPAGNA … QUESTO E’ IL DILEMMA”

  1. Avatar Pensieri rotondi

    Bellissimo 🙂 Mi hai fatta sorridere ma con una punta di amaro perché sono vere tutte le considerazioni che fai. La transumanza è un buon compromesso, finché i figli sono piccoli e “sotto la tua giurisdizione”… Noi, come sai, viviamo ai confini della città e il clima è quasi campagnolo (però porte chiuse a chiave e mano ai figli per andare dal panettiere sono di rigore…), ma mio figlio di 8 anni già lamenta che non gli piace casa nostra, lui ama i grattacieli 😦

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  2. Avatar massimolegnani

    gradevole brano tra il serio e l’ironico.
    il compromesso funziona finchè i figli accettano la transumanza, ma prima o poi gli peserà il ritrovarsi negli alpeggi anzichè nelle promiscue stalle proprio nei mesi degli amori estivi.
    un sorriso
    ml

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