Adoro leggere. E’ in assoluto la mia passione più grande. E’ nata, senza che nessuno mi iniziasse, quando ero bambina, spontaneamente, come nascono i grandi amori. Ho sempre un romanzo sul comodino, ho bisogno che sia un libro a traghettarmi nel mondo dei sogni, è la mia pastiglia di Valeriana.
Da piccola i romanzi alimentavano le mie fantasie di bambina solitaria, da adolescente tormentata davano forma alle mie inquietudini, oggi, da donna adulta, sono il sostegno al mio incedere incerto. In tutti i casi sono il mio biglietto per quei viaggi che non potrò intraprendere e la porta d’ingresso per quelle esistenze che non potrò vivere.
Aprire una libreria è un sogno che ho sempre coltivato, lo so è un grande classico delle lettrici compulsive e sentimentali, eppure c’è stato un momento nella mia vita in cui fantasticavo di avviare una di quelle piccole librerie indipendenti. Ci sarebbe stata una piccola caffeteria, qualche dolce casalingo e io avrei dispensato torte di cioccolato e consigli di lettura. Il mio caffè letterario l’avrei collocato a Parigi, nel Marais.
Puff! Ok torno con i piedi per terra. Però sono convinta che quando si sogna bisogna farlo alla grande, senza porsi troppi limiti. A quello ci penserà la realtà.
E infatti il sogno è rimasto nel cassetto, peraltro in buona compagnia, perciò mi limito a frequentare le librerie da cliente. Prima che nascessero i bambini ci passavo ore e ore. Che sia una libreria di quartiere o una in franchising, dei negozi di libri adoro il profumo della carta, i volumi allineati negli scaffali come matite colorate negli astucci, il banco delle novità, con le copertine dal design accattivante, il reparto dei classici con i suoi titoli familiari e irrinunciabili.
Con la nascita dei miei figli ho dovuto ridurre in modo considerevole le mie scorribande tra i libri. Avendo però sviluppato una vera e propria dipendenza da romanzo, ho cercato di trasformare la tappa in libreria in una consuetudine di famiglia.
Così dopo aver convinto il Torinese ad intrattenere le creature nel settore libri per bambini, promettendogli in cambio che la sera sarò mooolto carina con lui, mi dirigo al reparto romanzi del negozio come un tossico dal pusher di fiducia. E loro sono lì che ammiccano dagli scaffali con le copertine lucide che intrigano e disegnano atmosfere.
Se non sono partita da casa con uno o più titoli già in mente, mi inabisso tra gli scaffali per catturare le mie prede. Poiché la mia insegnante di italiano diceva che non si sceglie un libro dalla copertina, passo titoli in rassegna, leggo trame dalle alette, giudizi della stampa internazionale, note sull’autore, frasi rappresentative dell’opera, … al termine di questa operazione ho selezionato una scorta di libri tale per cui dovrei accendere un mutuo in banca per acquistarli, licenziarmi per trovare il tempo di leggerli e comprare una casa nuova per custodirli . E’ chiaro che devo effettuare una scrematura e scegliere quelli da riporre negli scaffali.
Avete presente la scena di Ghost in cui Patrick Swayze costringe Whoopi Goldberg a donare in beneficenza l’assegno milionario ad un paio di suore? (se non l’avete vista vi prego di scaricarla qui da Youtube: vale da sola l’Oscar che hanno poi assegnato alla brava attrice) Ecco, quando ripongo i libri sugli scaffali sembro proprio la simpatica sensitiva del film, mimica facciale compresa.
Ne rimetto uno sullo scaffale e subito lo riprendo, lo rigiro tra le mani, controllo il prezzo, mi allontano di tre passi, torno indietro …
Quando il Torinese mi viene a recuperare sto dicendo addio ad uno dei miei libri con il phatos di Rossella O’Hara nella scena finale di Via col vento. “Separiamoci con un po’ di dignità” mi sussurra Rhett, ehm il libro, dal bordo dello scaffale. Così lo ripongo sulla mensola e mi dirigo mesta mesta verso la cassa, volgendo di tanto in tanto lo sguardo indietro e come nel più patetico degli addii penso “non oggi, forse nemmeno domani, ma presto o tardi ci rincontreremo” adorato libro mio.
Non ho mai avuto un buon rapporto con le separazioni, ma forse quelle in libreria mi stanno un po’ sfuggendo di mano.
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