Sto preparando la valigia per l’anno nuovo, spero di non dimenticare nulla, il viaggio è lungo e dovrò essere ben equipaggiata. L’avevo imbottita di buoni propositi, ma quelli, si sa, non arrivano alla Befana, perciò l’ho svuotata per riempirla di nuovo con quell’attrezzatura che, spero, mi verrà in soccorso in caso di necessità.
Prima però ho dovuto fare spazio. Ci sono delle cose che vorrei lasciare nell’anno che sta per finire come un’eredità rifiutata dopo il beneficio d’inventario. C’è una zavorra di cui mi vorrei liberare, voglio partire col bagaglio leggero per poter spiccare il volo nell’anno nuovo senza il peso di inutili fardelli.
Inizio (e finisco) la scrematura dalle parole perché, dicono, sono pesanti come le pietre. Ecco il frasario che vorrei lasciare in dotazione all’anno che se ne va, anche se so che, prima o poi, tornerò ad attingere in questo deposito di ferri vecchi perché pare che la familiarità delle abitudini, seppur cattive, trasmetta certezze:
- Alcuni di quei NO che talvolta elargisco ai miei figli, e non mi riferisco a quei dinieghi pedagogici ed educativi, che aiutano a crescere, ma a quelli che arrivano in risposta a domande del tipo: “mamma facciamo qualcosa insieme?” “No, amore adesso non ho tempo”. Perché il tempo per le mamme non basta mai.
- I SÌ detti a mia madre quando avrebbero voluto e dovuto essere no. Illustri rappresentanti di quella tendenza ad essere, a volte, ancora troppo calata nel ruolo di figlia alla ricerca di approvazione e troppo poco in quello di donna adulta e indipendente.
- I FORSE e i NON SO tutt’ora presenti nel lessico della mia anima, quando arrivano da quel retaggio di insicurezza che ancora, talvolta, mi porto appresso.
- I VEDREMO quando sono l’estrema sintesi della mia inguaribile pigrizia, scuse per decisioni da procrastinare, pretesti per scelte da rimandare.
Ecco ora il corredo che metterò in valigia per l’anno che verrà, è sobrio ed essenziale, ma indispensabile. L’avvolgerò bene in un panno morbido affinchè non si danneggi se durante il viaggio subiremo qualche scossone:
- I giochi con i miei bambini e le loro risate chiassose, di pancia. “Mamma ci vieni a cercare? Ci nascondiamo nell’armadio!” Un piedino che spunta da sotto il divano, una tenda che si muove, una risatina soffocata, la loro ed un sorriso che si apre, il mio.
- Le risate col Torinese, con le amiche, con i colleghi. Ridere è uno dei pochi esercizi muscolari al quale sono davvero interessata perché, si sa, produce endorfine e fa bene al fisico e all’anima. Perciò quella della risata è l’unica palestra alla quale quest’anno mi voglio iscrivere.
- Il mio blog. E’ stato prima un pensiero latente, poi un recipiente vuoto, infine è diventato un raccoglitore di stati d’animo. E’ il mio terzo bambino, quello che ho concepito e partorito da sola, il più trascurato. Quello a cui riservo, stanca, quel residuo di energie che mi avanzano dalla giornata. E’ la mia intoccabile scatola dei colori che uso per dipingere acquerelli di quotidianità.
- La mia tisaniera. Perchè una sera d’inverno, un plaid caldo e un buon film sono per me coccole irrinunciabili, ma non sarebbero la stessa cosa senza un tazza fumante sul tavolino. Fa molto intimità, famiglia, tepore.
- I miei libri. Sono la mia ancora di salvezza contro il grigiore, sono la chiave per aprire la mia mente, sono i miei compagni di avventure. Ne ho letti di bellissimi nel corso dell’anno, ne voglio leggere una valanga nell’anno che viene.
La mia valigia è completa, durante il viaggio non la imbarcherò, ma sarà il mio bagaglio a mano. Voglio tenermela accanto perché è piena di cose preziose e non voglio correre il rischio di perderla per strada.
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