Ho un amico che un giorno è caduto in un buco nero.
Si muoveva nella vita come fanno i bambini quando camminano sulle crepe del terreno. Seguiva un percorso originale, sbilenco e pieno di curve. Ma aveva un senso e una meta. Persino uno scopo.
Forse non lo vide perché da lontano non sembrava così grande o forse se lo aspettava ma preferì ignorarlo, fatto sta che vi cadde dentro con entrambi i piedi, come Alice nell’albero del Bianconiglio.
Non so se si fece male e neanche a cosa pensava mentre cadeva, ma di fatto non riuscì più ad uscirne.
Quando gli parlavi la voce arrivava dal fondo del pozzo, ovattata come da sotto la neve, lo sguardo era assente e lontano, perso dietro a tutto quel nero, i movimenti rallentati perché era un buco stretto ed angusto.
Provammo a lanciargli delle corde ma lui non si voleva aggrappare. Forse aveva paura che non l’avremmo tenuto, troppo greve la sua pesantezza, forse temeva che avrebbe trascinato giù anche noi, in ogni caso rimase là in fondo.
Pian piano cominciò a sentircisi comodo e andò ad acquistare il mobilio per arredare quel foro. Un lettino spoglio e una seggiolina zoppa. Il buco era diventato una tana, un rifugio per nascondersi al mondo.
Non ci siamo visti per un po’, io persa dietro alle curve della mia vita, lui nei meandri della sua anima . Ogni tanto lanciavo una voce nel pozzo, rispondeva solo un rimbombo, l’eco secca delle mie stesse parole.
Lo rincontrai per caso dopo un po’ di tempo. Era uscito dal pozzo. La voce era squillante, quasi melodiosa, lo sguardo sveglio e vivace, i movimenti fluidi e disinvolti di chi è a suo agio con se stesso. Come hai fatto? Gli chiesi piacevolmente stupita.
E’ stata una nota a venirmi a salvare. Fu un piccolo sol che venne stanarmi. Poi lo ha raggiunto un la e hanno iniziato a danzare, infine le ha prese per mano un do e hanno iniziato a cantare. Si sono messe in fila e mi hanno fatto da scala, una scala di sol, una scala musicale. Mi è bastato salire i gradini e seguire la melodia. E sono uscito dal buco, alla luce.
Non è una fiaba, fu davvero la musica a salvarlo. Dal buco nero della sua tristezza lo tirò fuori la sua passione più grande. Forse non fece tutto da sola, forse l’aiutarono delle pillole rosa, forse fu il combinato disposto da entrambe. Ma lui dice che senza la sua passione non ce l’avrebbe mai fatta. E io gli credo.
Dice che si è aggrappato alla musica con entrambe le mani e ha cominciato a sentirsi di nuovo vivo, che ha sentito che c’era qualcosa per cui valeva la pena tornare nel mondo e ha cavalcato l’onda come un surfista nel mare, come un pianista sull’oceano.
A volte è una nota musicale, altre una lettera dell’alfabeto, altre ancora il crine di un pennello. Le passioni grandi hanno degli emissari minuscoli, servono per infilarsi nelle fessure della nostra anima e conquistarla, servono per intrufolarsi nelle crepe buie delle nostre vite e riportarci alla luce.
che bello Alessandra!
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grazie tante Chiara!
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ottimo brano, ben condotte la metafora del buco e quella della scala, ben calibrata la scrittura..
per mio gusto personale mi sarei fermato lì, alla sua uscita dal buco grazie al sol al mi e al fa, rinunciando alla spiegazione finale, che tanto penso che ogni lettore avrebbe comunque capito di che si trattava 🙂
ml
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tu dici Massimo? mmmh ci penso. In ogni caso grazie del consiglio! 🙂
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DO? RE? Puoi essere più specifica. aiuteresti anche me 😉
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Tu non hai bisogno delle note …A te, Romeo, verranno in soccorso le parole. E lo sai! Ti abbraccio.
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Sarà per quello che il mio timore più grande nella vita è perdere la passione. Non la puoi comandare, la puoi solo coltivare. Puoi uscire dal buco con le unghie della ragione, ma, cavoli, non tengono. Quanto hai ragione, Alessandra, e che bel pezzo! Grazie. Ho preso quest’abitudine che forse poi sembra retorica o imbalsamata, di dire “grazie”. Ma è un’altra di quelle abitudini in cui non voglio il logorio del tempo ma, sempre, la sincerità appassionata.
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Non credo, Maddalena, che perderai quella per la scrittura, le tue parole sono sempre così appassionate, che credo ti resterà per sempre. 🙂
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Chi lo sa… la passione per la parola nasce anche da un atteggiamento tormentato e allo stesso tempo accorato verso la vita. Magari diventerò un’anziana signora che dondola sotto il portico in attesa dei nipoti. E poi cucina conserve di frutta dal frutteto dietro casa. E mi basterà. (?) Grazie 🙂
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che bel quadretto bucolico! però è vero, hai ragione, la scrittura fa da terapia ai tormenti.
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Che bella storia!
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ma grazie!
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La storia è la speranza di chi non ce la fa ma una passione non arriva per caso. Si ingrana come la prima del cambio dell’auto sul pignone del proprio trascorso. Ognuno abbisogna del giusto numero di denti. Difficili sono l’incontro e la fasatura. Bravo e fortunato il tuo amico.
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E’ vero Joseph, è stato bravo, e lo sa!
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Mi hai fatto venire in mente una delle prime canzoni di Max Gazzè….
“Salvarti sull’orlo del precipizio…. quello che la musica può fare…”
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sì anche il Torinese l’ha detto! grazie! 🙂
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Favolosa… Una storia favolosa…
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Detto dalla compagna di un musicista vale doppio! Grazie Gisella!
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Cavoli… Si. Lo penso davvero…
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Che bello sapere che è finita bene ❤
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vero? bellissimo …
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E’ vero però anche il contrario. Ossia che alcune volte anche + piccoli emissari sono in grado di sconvolgerti l’animo e gettarti nella disperazione più profonda…un’inezia capitata in una giornata in cui ti senti + esposta e viene fuori un malessere che magari cerchi di nascondere agli altri ed a te in tutti i modi…Questa è la potenza della vita. Ancora di salvezza o zavorra che affonda.
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e’ vero Isa, però io mi riferivo alle passioni: la musica, la scrittura, la pittura, …
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Davvero bello. Mi ha fatto pensare anche a quante passioni gettiamo via, perché ci sembrano una perdita di tempo, perché non fanno reddito, perché sempre in coda alle mille priorità della vita che pragmaticamente va vissuta. Eppure, senza quelle, veramente lentamente si muore (diceva quella bellissima poesia attribuita a Neruda ma che poi di Neruda non era).
PS ho spesso delle difficoltà a commentare il tuo blog . Anche ora scrivo non sapendo se questo commento andrà in porto, non capisco perché non riconosce la mia utenza wp. Uffa.
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Il commento è arrivato! Non so dire perché non riconosca la tua utenza. Con la tecnologia sono una schiappa… comunque è vero senza le nostre passioni siamo morti ambulanti… io ho riscoperto la scrittura e per ora me la tengo stretta.
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