Quando ho iscritto entrambi i miei figli in piscina, evidentemente, non ero in pieno possesso delle mie facoltà mentali. Qualcuno (e l’indiziato numero uno è sempre lui, il Torinese) deve avermi fatto assumere, magari sciogliendola nel caffelatte della colazione, qualche droga che agisce sulla volontà, annullandola.
Il tutto con la correità della Tesio, che ha pubblicato il suo esilarante, quanto drammaticamente vero, post sui bambini in piscina quando ormai era troppo tardi.
Il venerdì pomeriggio non lavoro. Così, più o meno consapevolmente, ho deciso di iscrivere entrambi i miei figli a lezione di nuoto. Poiché il piccolo ha meno di tre anni lo hanno inserito nel corso mamma-bambino che, come dice la parola, prevede l’inevitabile ingresso in acqua della mamma. Ora nel caso di specie la mamma sono io.
Ciò comporta che in acqua debbano entrare tre persone: la sottoscritta, un bimbo di due anni e mezzo e una bimba di quattro. Tre persone da svestire, a cui mettere il costume, e poi da lavare, asciugare e rivestire. In effetti già le premesse non erano confortanti, e un sospetto doveva venirmi, ma dovevo già essere sotto l’effetto dell’escopolamina.
Ciò detto, ecco il riassunto di questo venerdì.
Entriamo nella struttura e iniziamo a spogliarci a partire dalla grande. Appena è tutta nuda puntualmente le scappa la pipì. Quindi corre, come mamma (sempre io) l’ha fatta, verso il bagno, sotto lo sguardo attonito delle altre madri. Il piccolo, che per contratto imita tutto ciò che fa la sorella decide che la pipì scappa anche a lui, ma invece di seguire le orme (in senso stretto) della sorella decide di farla seduta stante, innaffiando le mie infradito come un vaso di azalee. Grazie a Dio ci viene in aiuto l’inserviente, che, dopo avermi guardato con faccia impietosita, sussurra “cose che capitano”. E io penso di rimando “solo a me”.
Ma la parte più interessante di questo tranquillo venerdì è quella dopo il corso, anche detta “la cerimonia della vestizione”.
La grande ha i capelli come i miei, forse non spessi come un tronco d’albero, ma altrettanto voluminosi. Tempo d’asciugatura: tre tacchette della chiavetta. Che poi i phon a muro della piscina non sono regolabili, perciò o asciughi sempre il medesimo punto del cranio della creatura provocandole un’ustione di terzo grado al cuoio capelluto o le fai fare la ginnastica per la cervicale: gira la testa a destra, adesso a sinistra, guarda in su, guarda in giù, dai un bacio a chi vuoi tu.
Mentre sono intenta in queste allegre manovre il piccolo, sfuggito al mio controllo, sta lavando, come se non ci fosse un domani, uno degli specchi dello spogliatoio con la sua cuffia del nuoto (le due ore al giorno con la nonna, maniaca della pulizia, cominciano a dare i loro inquietanti frutti). Il risultato è una pozzanghera appannata. Interviene nuovamente la premurosa inserviente che dopo avermelo riportato con malcelata espressione di rimprovero, provvede a ripulire lo specchio manco fosse Grimilde con quello delle sue brame.
Adesso è il mio turno per rivestirmi ed entrambi si rifiutano di entrare con me nello spogliatoio. Dopo essermi raccomandata di stare fermi immobili sulla panca ad aspettarmi, che il pavimento è tutto bagnato, entro nel camerino con un certo carico d’ansia. Quando sono completamente nuda con solo addosso i calzini – quindi all’apice del mio sex appeal – sento un urlo dall’esterno: Uaaaaaaaaahhhh. Il timbro è inconfondibilmente quello di mio figlio. Ho solo la dignità di infilarmi l’accappatoio e poi esco. La creatura è sdraiata a terra completamente bagnata e dolorante. La soccorre la solita inserviente che ora mi guarda come fossi la Franzoni.
Mentre mi assicuro che non ci siano danni irreversibili al bimbo, la grande, con le scarpe ai piedi, sta pattinando, come Carolina Kostner alle Olimpiadi Invernali, sul pavimento appena lavato dalla mia amica inserviente che ormai mi fissa con l’espressione di Jack Nicholson nella locandina di Shining. Per pura fortuna sopravvivo al linciaggio.
Quando arrivo a casa faccio la conta degli oggetti smarriti. Questa volta abbiamo perso solo la cintura dell’accappatoio della grande, le chiavi del lucchetto e uno dei miei copriscarpe. Direi che è andata benissimo.
In quel frangente rientra il Torinese dal lavoro, ignaro e sorridente: “com’è andata oggi in piscina?” chiede giulivo. “Grrrrrr! Uoof! Uoof!” ho solo la forza di replicare. “Quante scene!” si ostina “ non capisco cosa ci sarà di così sconvolgente ad accompagnare i bimbi il piscina!”.
Non capisce, lui. Indovinate chi porterà i bambini a nuoto venerdì prossimo?
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