Era da un po’ che cercavo un libro che mi rapisse. Eppure nell’ultimo periodo mi sono imbattuta in una serie di romanzi che mi hanno lasciato piuttosto tiepida, qualcuno persino perplessa.
Poi sono entrata in libreria per comprare un regalo di compleanno per mio padre e cercando di indovinare i suoi gusti, piuttosto misteriosi in fatto di libri, ho scelto “L’amica geniale” di Elena Ferrante e “La tentazione di essere felici” di Lorenzo Marone, due romanzi di cui ho sentito parlare gran bene e che erano nell’elenco delle mie prossime letture.
Va bene, lo confesso, la scelta è stata guidata anche da un retro-pensiero piuttosto interessato: “potrei optare per qualcosa che vada incontro anche ai miei gusti, così magari, quando papà ha finito di leggerlo posso farlo anch’io.”
Lo so, non si fa. Ma i romanzi storici che gli ho regalato l’ultima volta non gli sono piaciuti granchè, così ho cambiato i criteri di scelta e ho deciso di seguire il mio istinto. E se fin qui vi ho scandalizzato, è meglio se non proseguite nella lettura, perché sono riuscita a fare di peggio.
“Quale hai deciso di leggere per primo, papi?” gli ho chiesto dopo averglieli consegnati, lui ha sorriso sornione e ha risposto: “prendi quello che vuoi, io leggo l’altro”. Così mentre mio padre ha iniziato la lettura de “L’amica geniale”, io mi sono concentrata sul romanzo di Lorenzo Marone, ancora prima che lui potesse aprirne le alette della copertina.
Sono davvero da biasimare, lo so, non ho scuse a mia discolpa, ma, Vostro Onore, vorrei che venisse messo agli atti che mi piace scambiare i pareri sui libri con il mio papà. Come attenuante è piuttosto debole, è vero, ma per uno sconto di pena confido nella clemenza della corte.
Il romanzo racconta di un anziano cinico e piuttosto egoista che nasconde, dietro una corazza da burbero, una personalità capace di slanci molto teneri e altruisti, tanto che, tra l’altro, decide di aiutare una giovane vicina a trovare una via d’uscita dalle angherie di un marito violento.
“La tentazione di essere felici” è uno di quei romanzi che ti tirano fuori dalla tua comfort zone e ti lasciano lì con il culo per terra, alla ricerca di un appiglio per tirarti in piedi, perché fa luce su verità scomode e mette in discussione quegli equilibri di convenienza con i quali tutti, almeno una volta, siamo scesi a compromessi.
Il libro, in verità, affronta svariati argomenti: la vecchiaia, il rapporto genitori-figli, la violenza sulle donne e ha diverse chiavi di lettura ma lo spunto che più di tutti è arrivato a me è l’invito a combattere per i propri sogni. Il romanzo, infatti, ti sprona a non smettere di desiderare una vita diversa, più piena, a continuare a rincorrere i sogni, a non scendere alla prima fermata, anche se sembra la più comoda.
Cesare, il protagonista, è soprattutto un uomo che nella vita ha sbagliato strada, tante volte, nonostante gli si siano presentate diverse occasioni lui ha preferito lasciarle andare. Negli snodi chiave della sua esistenza, nel privato come sul lavoro, si è tirato indietro e non ha avuto in coraggio di fare la scelta forse più azzardata, ma senz’altro più vicina al suo sè. E’ un uomo pieno di rimpianti, che pian piano tornano a galla, come nodi ingarbugliati in un pettine ormai prossimo alla sdentatura.
Ciononostante, anche se la sua è l’età dei bilanci, Cesare prova a recuperare e ci dimostra che non è mai troppo tardi per cercare di essere se stessi, per vivere secondo i propri desideri e quindi per tentare di essere felici.
Ci invita a prestare l’orecchio a quello scampanellio che è l’istinto, la passione, il desiderio che ci risuona nella mente indicandoci gli snodi nei quali è arrivato il momento di cambiare direzione. Ci sprona a muoverci di continuo, come gli uccelli che ogni anno migrano senza sapere il perché, seguendo l’istinto. E’ convinto che “se non ti muovi, ben presto le cose dentro di te inizieranno a marcire”.
Cesare ci diffida però a non credere all’evento magico che cadrà dal cielo come una stella cadente a indicarci la giusta via o a stravolgerci la vita. Perché i sogni vanno afferrati e coltivati, richiedono coraggio e dedizione e vanno inseguiti con perseveranza, l’alternativa è un tramonto di rimpianti.
Ecco, cosa è arrivato a me di questo romanzo di formazione alla rovescia, ed è per questo che è riuscito a rapirmi, perché è un invito a non mollare, una tentazione a provarci. Lo consiglio perciò ai sognatori disillusi, ai rassegnati cronici e a tutti coloro che inseguono un aquilone, o almeno che provano a farlo.
Nel contempo, a conferma del fatto che seguire i propri gusti paga sempre, nella vita come nella lettura, devo riferirvi che mio padre ha finito “L’amica geniale” e gli è piaciuto parecchio.
Speriamo sia anche di mio gradimento, perché è solo il primo volume della quadrilogia della Ferrante, e perciò saprei già cosa regalargli a Natale.
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