Io e il decluttering, l’ormai famosa arte di liberarsi dei beni superflui allo scopo di lasciare andare anche le zavorre emotive, non abbiamo grande feeling.
Io sono una di quelle persone che conserva le cose, che, come diceva mio nonno, non si sa mai che prima o poi possano tornare utili. E inoltre ho l’innata tendenza a sviluppare legami affettivi con gli oggetti che evocano ricordi, come fossero il varco in cui insinuarsi per fare un salto nel passato.
In soffitta conservo ancora tutti i miei quaderni delle elementari, sia a righe che a quadretti, sopravvissuti anche all’ultimo maldestro tentativo di alleggerire il carico del solaio. Ho ancora le bambole ricciolute di quando ero bambina e la casa delle barbie, quella con l’ascensore giallo che sale e scende tirando una cordicella con la mano. Fino a poco tempo fa custodivo anche gli appunti dell’università e le videocassette dei miei film preferiti.
Ma, lo sapete, io sono una sentimentale cronica con una vena nostalgica piuttosto vistosa. E, data la mia difficoltà a prendere le distanze dal passato e dai suoi souvenirs, presumo di avere anche una componente nevrotica alquanto ingombrante.
Il Torinese sostiene che prima o poi sarò la protagonista di una puntata di “Sepolti in casa” quel programma di Real Time che racconta vita e tentativi di guarigione di alcuni selezionati accumulatori compulsivi.
E’ chiaro che esagera. Residua in me un barlume di spirito pragmatico che mi spinge a fare ordine quando la situazione diventa insostenibile, ovvero quando cerco i calzini e li ritrovo nel cassetto delle posate.
In questi giorni, per esempio, appena prima del rientro dei bambini in città, ho approfittato della loro assenza, per liberarmi di quegli oggetti che, col tempo, hanno perso la loro utilità.
Così ho regalato i vestitini dei bimbi diventati ormai striminziti, ho buttato in pattumiera ciucci e biberon, ho portato in ricicleria i passeggini e il fasciatoio. Poi sull’onda emotiva di questa “liberazione” ho smontato il lettino della grande per sostituirlo con uno più adatto alla sua età. Infine ho preso coraggio e ho gettato anche gli ultimi abiti che erano sopravvissuti alle mie ravvicinate gravidanze, tanto non mi vanno più bene.
Secondo la guru del decluttering, Marie Kondo, e i suoi seguaci, adesso dovrei giovare di svariati benefici, non solo di natura materiale, ma anche e soprattutto spirituale, perché pare che il decluttering obblighi a confrontarsi con le proprie emozioni e la propria interiorità.
In particolare, dovrei aver fatto chiarezza sui miei valori e sulle mie priorità, aumentato abilità decisionale e disciplina, affinato la capacità di accogliere e gestire il cambiamento e infine dovrei avere maggiore consapevolezza dei buchi emotivi che si nascondono dietro agli accumuli di materiale.
In altre parole dovrei aver trovato la via per il Nirvana.
Devo aver sbagliato qualcosa nella tecnica, perchè, oltre ad aver realizzato che sono ingrassata, quello che ho capito al termine di questa riorganizzazione estiva, è che i miei figli stanno crescendo, e pure in fretta, che non saranno mai più così piccoli e che io sto lentamente, ma inesorabilmente invecchiando.
E invece di venire pervasa da un gran senso di benessere come prevedeva il copione, non mi spiego perché, ma sono stata permeata da un gran giramento di palle.
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