Alla ripresa delle attività scolastiche, il leitmotiv che lega le varie conversazioni tra le madri all’uscita da scuola è la scelta dei corsi extrascolastici e delle attività sportive da far svolgere ai bambini al termine delle lezioni.
Ai giardinetti non si parla d’altro.
L’offerta è infatti imbarazzante. Mentre a noi, generazione anni ’70, dopo la scuola non restava che giocare in strada o nel giardino condominiale, oggi ai bambini viene proposto di tutto.
Innanzitutto ci sono gli sport. C’è il nuoto che è uno spor completo, il judo che insegna la disciplina, il calcio che scoraggia l’individualità e rafforza lo spirito di gruppo, la danza che regala grazia ai movimenti, lo yoga, l’atletica, … il lancio della tavoletta del water.
Poi ci sono i corsi di musica che vanno da quello di pianoforte per piccoli Mozart in erba a quello di batteria per bambini muniti di madri molto coraggiose e un po’ sorde, ci sono i corsi di cucina per imparare i segreti dello stracotto al barolo, e ancora i corsi di lingue: l’inglese che se a tre anni non conosci la duration form non andrai mai da nessuna parte, ma soprattutto il cinese, che è the new black delle lingue straniere da imparare assolutamente sotto la soglia dei cinque anni, che altrimenti non troverai mai lavoro, finirai sotto i ponti e morirai d’inedia.
Così a me, che portare i bambini in piscina sembrava già un impegno sovrapponibile ad un triplo salto carpiato, prende l’ansia alla sola idea di dover scegliere ulteriori attività extrascolastiche per i miei figli, capire quali sono le più adatte, e organizzare una complicata ragnatela di incastri per poterceli accompagnare.
Poi però, quando sono già in preda al panico, mi imbatto in un illuminato promemoria appeso nello studio del pediatra dei miei figli, è rivolto ai genitori e s’intitola “il lavoro dei bambini”.
Si tratta di una presa di posizione relativa proprio alle attività extrascolastiche da parte di un uomo che, oltre ad essere un professionista serio, ha una caratteristica fondamentale per un pediatra, sa vedere i bambini per quello che sono: bambini, appunto. E non piccoli adulti, né giovani adolescenti.
E’ scritta molto bene, con il tono di chi con i bimbi si trova ad interagire quotidianamente, arriva dall’esperienza empirica e dal comune buon senso.
Dice semplicemente che il lavoro dei bambini è giocare, che non c’è nessuna attività sportiva né corso extrascolastico che sia indispensabile per la loro crescita, che quello che è indispensabile è che l’infanzia venga vissuta per quello che è: il luogo del gioco e il contenitore della fantasia.
Dice che rincorrere una palla all’aria aperta porta più vantaggi che studiare pianoforte per tre ore al giorno, che fare un giro in bicicletta fa star meglio che imparare a cucinare l’anatra all’arancia e che ritornare dal parco sporchi e sudati è più salutare che passare le ore tra le mura di una palestra.
Non demonizza nulla, lo sanno tutti che lo sport fa bene e che imparare l’inglese è utile, quello contro cui si scaglia sono gli accanimenti. Cerca solo di far capire ai genitori che creare per i bimbi un’agenda fitta di impegni e inserirli in un turnover di attività sparse in giro per la città ha senso solo nel mondo degli adulti, ma non ne ha alcuno se sottrae tempo all’attività ludica, appesantisce la loro quotidianità e stressa la loro mente. Il sospetto è che sia addirittura controproducente.
Ripensare a quel promemoria mi restituisce il senso di realtà, mi fa pensare a quanto spesso seguiamo mode e tendenze senza fermaci a riflettere se hanno veramente un’utilità e mi ricorda soprattutto che i bambini vanno ascoltati e rispettati, senza appiccicargli addosso desideri che non sono frutto del loro sentire, ma che rispondono ad un’esigenza che spesso è solo nostra.
Quindi noi per quest’anno l’abbiamo arrangiata così. Mentre il piccolo rimanderà sport e corsi a quando sarà un po’ meno piccolo, la grande farà danza. L’ha chiesto lei e noi l’abbiamo accontentata. Credo che la motivazione che la spinge verso questo sport non sia basata su una grande passione o mossa dal sacro fuoco della danza, credo che non vada oltre il desiderio di indossare un tutù rosa.
Ma è comunque una motivazione. La motivazione di una bambina.
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