Dei miei Natale da bambina ricordo che mio papà andava nel bosco a raccogliere il muschio per il presepe e l’albero da addobbare. Che fino alla Befana c’erano odore di resina nell’aria e aghi di pino sparpagliati ovunque sul pavimento.
che mi dicevano che Gesù bambino entrava dal buco della chiave e che io non riuscivo a capire come facessero a passarci anche i regali.
che tra i doni mi infilavano sempre un pezzo di cipolla e uno di carbone, solo per folklore, credo, perché ero una bambina buonissima.
che la “barbie segreti di bellezza” è stato il regalo più bello che abbia ricevuto perché aveva i capelli lunghi fino alle caviglie, o giù di lì.
che era bello svegliarsi la mattina e stare un po’ nel letto ad assaporare il gusto della sorpresa.
che l’anno in cui ho ricevuto un cavalletto e una tela per dipingere a mia cugina regalarono la testa di una bambola da truccare e pettinare e io l’ho invidiata tantissimo (almeno fino a quando non hanno dato in tv “il mistero della bambola dalla testa mozzata”).
che mio cugino ad un certo punto mi aveva rivelato che non era il Bambinello a portare i doni, ma la mamma e il papà e che io ci volevo continuare a credere talmente tanto che ho capito che intendesse S. Giuseppe e la Madonna e mi sono fatta una risata.
Che spesso nevicava e allora era un po’ più Natale.
La sera della vigilia i miei bambini chiedono al loro nonno di spegnere il camino perché temono che Babbo Natale si ustioni il pingue fondo schiena mentre scende a portare i doni.
Insieme al latte e ai biscotti per l’arzillo nonnetto, lasciano anche una carota per Rudolph, il capo delle renne e chiedono di lasciare l’albero acceso tutta la notte affinché il barbuto lappone sappia che nella nostra casa vivono dei bambini.
Quando andiamo a spedire la letterina pensano che sulla cassetta delle lettere ci sia scritto da un lato: per la città e dall’altro: per il Polo Nord e continuerò a lasciarglielo credere fino a quando impareranno a leggere.
Prima della festa dell’asilo mi comunicano sempre che devono mantenere un segreto e che non possono dirmi che si tratta di una canzone natalizia da imparare a memoria.
Quando addobbiamo l’abete appendono tutte le palline da un lato, vicine vicine, e così abbiamo un albero pendulo e bicolor, come i Ringo.
Spero che anche i miei figli portino alcuni di questi ricordi nell’età adulta affinché tengano a mente che c’è stato un periodo in cui credevano nelle favole e nella magia e affinché sappiano, qualora non gli vogliano attribuire un altro valore, che il Natale può essere vissuto come un pretesto per andare a recuperare quel bambino che vive nascosto in ciascuno di noi e per lasciarlo scorrazzare per un po’, disinvolto e indisturbato, sui nostri giorni da adulti.