Il profumo di gelsomino che alita tra le dimore in pietra di tufo sparse nei borghi antichi, quelli con i sampietrini e le mura merlate dove il passato ritorna con la sua bellezza classica ad addobbare il presente come un presepe pagano.
Una canzone jazz che un vecchio grammofono ammaccato sputava fuori con vigore ogni mattina a rallegrare l’atmosfera del nostro provvisorio e anacronistico rifugio: un’antica residenza con lo stemma di famiglia all’ingresso, i ritratti degli antenati e vecchie foto color seppia alle pareti.
La brezza della terrazza, che profumava di mare e di boschi e richiamava alla mente barche di pescatori e funghi freschi.
Un bastoncino di legno che mio figlio piccolo ha trovato sulla spiaggia di un mare d’aprile e ha lanciato cento volte tra le onde, perso dentro uno di quei giochi monotoni che fanno felici i bambini.
L’odore di zolfo, impronta indelebile del brodo tiepido e torbido delle terme, che si è appiccicato tra i capelli, sugli abiti e tra i pori della nostra pelle, che l’acqua sulfurea ha reso levigata come quella di un neonato.
Il calore del sole di primavera che disegna chiaroscuri sulla cute sbiadita dall’inverno e lascia ombre di indumenti ancora impreparati ad accoglierlo.
I colori della primavera: il rosso dei campi di papaveri, il verde dei prati tagliati a metà dai viali di cipressi, l’azzurro del cielo, che non sarà quello d’Irlanda, ma ricorda comunque un oceano di nuvole e luce.
La ricetta dei tozzetti, i biscotti artigianali, con la cannella, i canditi, le nocciole e il cioccolato a pezzetti, senza i quali il torinese dichiara di non poter più vivere.
In questi giorni di feste ravvicinate, da unire tra loro con un trattino a forma di ponte, ci siamo presi una piccola vacanza. Una di quelle che rifocillano i sensi e distendono l’anima.
Al ritorno abbiamo portato con noi qualche souvenir dal nostro viaggio: profumi e odori da annusare, biscotti da mordere, musiche da ascoltare, colori da ricordare. Serviranno per dare un po’ di sollievo al nostro rientro in una città grigia e piovosa, dove la primavera sembra non abbia avuto il coraggio di entrare e si sia fermata fuori dalle porte.
Si mormora in giro che sia rimasta impigliata tra i cipressi della Tuscia.
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